Analisi criminologica di Alessandro Impagnatiello: il narcisista patologico da manuale.
Tra i casi di cronaca nera più recenti e che hanno scosso maggiormente l’opinione pubblica vi è certamente il brutale femminicidio di Giulia Tramontano e del suo piccolo Thiago che portava in grembo.
“Nel momento in cui ho deciso di uccidere la mia compagna non c’era nè ira, nè rabbia nè desiderio di vendetta. L’ho deciso senza motivazioni. Ci sto pensando costantemente. La situazione era per me, mi passi il termine, stressante”.
Queste, le prime dichiarazioni del compagno omicida Alessandro Impagnatiello, il 2 giugno 2023 presso la casa circondariale di San Vittore.
Alessandro è decisamente un reo confesso anomalo, poiché innanzi agli inquirenti racconta una versione dei fatti completamente distorta rispetto a quanto è emerso dall’analisi medico-legale e tossicologica sul corpo della Tramontano.
Impagnatiello ha raccontato così i fatti di quella sera del 27 maggio 2023: “Verso le 18.30/19.00 Giulia è tornata a casa e affronta la conversazione con me con toni normali, rassegnata. Questa era stata l’ultima situazione che l’aveva delusa. La conversazione è durata poco ed in casa si era creato il gelo tra me e lei. Dopo che io ho mangiato una piadina, Giulia è andata in cucina per prepararsi la cena ed ha iniziato a tagliare dei pomodori. Io ero in sala. A quel punto, Giulia, ha riaperto la discussione dicendomi che la vita per lei era diventata pesante e non riusciva più a vivere. Mentre veniva verso la sala con il coltello che stava usando per i pomodori ha iniziato a procurarsi dei tagli sulle braccia (braccio sinistro) io a quel punto mi sono alzato dal divano cercando di avvicinarmi a lei ma lei mi diceva che non voleva più vivere, lei si era inferta già qualche colpo all’altezza del collo e io arrivavo vicino a lei, per non farla soffrire le ho inferto anch’io tre o quattro colpi all’altezza del collo. Il coltello è caduto a terra davanti al divano, lei era stremata a terra e io le dicevo che era finita e doveva riposarsi. […] Lei era a terra, siamo prima delle 20.30 di sera. Ero confuso e arrabbiato. Ho portato il suo corpo trascinandolo e l’ho messo nella vasca da bagno e lì mi sono reso conto che l’avevo uccisa e ho constatato che ormai era priva di vita. A quel punto volevo in qualche modo liberarmi del corpo. Vicino alla vasca da bagno c’era dell’alcool per le pulizie e le ho versato l’alcool addosso e le ho dato fuoco”.
Giulia Tramontano, in realtà, è stata brutalmente e lucidamente uccisa con 37 coltellate, di queste, solamente due sono quelle mortali; l’arma del delitto è un coltello da cucina con una lama di circa sei centimetri.
Giulia non presenta lesioni da difesa perché è stata aggredita alle spalle; infatti, le prime coltellate sono state inferte nella zona del collo e dell’arteria succlavia. È quindi morta dissanguata presumibilmente nel salotto di casa Impagnatiello.
Ma vi è dell’altro. Dall’analisi tossicologica è emersa la presenza di Bromadiolone, l’anticoagulante più tossico nella categoria del veleno per topi. I metaboliti di questa sostanza sono stati rinvenuti nel sangue, nei parenchimi e nei capelli di Giulia e anche nei tessuti e nei capelli del piccolo Thiago.
Impagnatiello, quindi, somministrava il topicida da almeno cinque mesi prima del brutale omicidio. Il dato investigativo è emerso analizzando le conversazioni di Giulia con la madre: quest’ultima lamentava dolori allo stomaco ed eccessiva stanchezza sin dal 19 dicembre 2022. Dal punto di vista tossicologico, invece, è emerso che nell’ultimo mese e mezzo prima dell’omicidio c’è stato un significativo incremento della somministrazione della sostanza.
L’opinione pubblica rimase con il fiato sospeso per giorni quando fu data la notizia del rinvenimento del corpo di Giulia Tramontano tra arbusti e vegetazione incolta dietro alcuni box privati di Via Monte Rosa, a Senago, il 1° giugno 2023. Una delle domande più ricorrenti nei salotti televisivi che si occupano di cronaca nera era: “Perché Alessandro ha ucciso la sua compagna e il bambino che portava in grembo? Per quale motivo si è marchiato di un delitto così repugnante?”.
Orbene, la causa primaria dell’omicidio è proprio il bambino. Se Giulia non fosse stata incinta, probabilmente la relazione sarebbe comunque terminata con un epilogo decisamente diverso; l’ostacolo più grande per Impagnatiello era proprio il piccolo Thiago perché la sua nascita avrebbe necessariamente portato dei cambiamenti della vita dei due ragazzi e lui, narcisista maligno da manuale, non sarebbe più riuscito a vivere la vita dissoluta che tanto desiderava.
Alessandro Impagnatiello incarna perfettamente il profilo del narcisista maligno overt:
- senso grandioso di sé;
- assorbito da fantasia di successo, potere, fascino e bellezza illimitati;
- Totale mancanza di empatia: prova, infatti, un amore totalmente auto referenziato. È incapace di amare qualcuno, se non sé stesso;
- bugiardo seriale: riesce a negare anche l’evidenza;
- ama stare al centro dell’attenzione, ha bisogno di un pubblico in cui riflettersi e ammirare sé stesso ancor più dell’aria che respira;
- scarsissima tolleranza alla frustrazione;
- infedele sistematico: infatti portava avanti due relazioni parallele, corredando entrambe di castelli di bugie molto articolate;
- incapacità di provare rimpianto, rimorso, senso di colpa, malinconia e dolore;
- comportamenti arroganti e presuntuosi. La stessa Giulia confidandosi con l’amante di Impagnatiello, prima del confronto fatale, le riferì: “lui deve avere potere in casa, se non si fa quello che dice lui, si arrabbia. Ho delle grandi mancanze, non sono più felice”;
- manipolatore affettivo professionista.
L’avvocato difensore di Impagnatiello, Samantha Barbaglia, dopo la prima udienza tenutasi innanzi alla Corte D’Assise di Milano ha dichiarato: “Ha provato diverse volte a mettere per iscritto i suoi sentimenti, ma non ci è mai riuscito”.
Certamente. Perché un narcisista patologico è incapace di provare sentimenti. Le uniche emozioni che riesce a sentire, a vivere e soprattutto a continuare ad alimentare sono quelle rivolte a sé stesso. Dietro il senso di grandiosità che ogni narcisista professa vi si cela un’estrema vulnerabilità, senso di inadeguatezza e una profonda incapacità sociale e affettiva della persona. Inoltre, quanto più il soggetto è più apparentemente dotato sotto il profilo culturale e socioeconomico, tanto più può diventare pericoloso per la sua vittima.
Ad oggi non vi è alcuna certezza che Alessandro Impagnatiello abbia un disturbo narcisistico della personalità nonostante ciò, dal punto di vista criminologico e psichiatrico-forense, l’analisi del profilo dell’assassino ha portato a delle evidenze che convergono in questa direzione. Il processo è appena iniziato e nella lista testi della difesa dell’imputato vi è solo una psicologa e una psichiatra come consulenti tecnici di parte. Però è bene puntualizzare che tale disturbo non inficia minimamente sulla capacità di intendere e di volere. Alessandro Impagnatiello in tutte le fasi di questo abominevole delitto era perfettamente lucido e capace.
“Ti prego salvati appena puoi. Proteggi tu e il tuo bambino. Voglio e devo salvare te e il tuo bambino”.
Questo è uno degli ultimi messaggi di Allegra a Giulia – l’amante di Impagnatiello – poco prima della tragedia. Ha provato in tutti i modi ad aiutare Giulia diventandone complice e offrendole un letto a casa sua per trascorrere la notte.
Giulia doveva tornare a casa, doveva affrontare il suo compagno. Lo avremmo fatto tutte, indiscutibilmente. Certamente non si sarebbe mai aspettata di essere pugnalata alle spalle dallo stesso uomo con cui stava per costruire una famiglia. Forse, proprio il fatto di essere incinta la faceva sentire più sicura: non avrebbe mai pensato che avrebbe potuto farle del male, proprio perché in grembo aveva il loro bambino: lo stesso che, Impagnatiello, ha cercato di eliminare sin dai primi mesi della gravidanza.
MeA Forense